Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5041 del 4 novembre 2015 ha precisato che un concorrente non può essere escluso dalla gara per il solo e semplice fatto di aver reso una dichiarazione sintentica.

Ad avviso del Collegio  il principio secondo cui l’esclusione dalla gara va disposta non già per il semplice fatto della mera incompletezza della dichiarazione relativa alla sussistenza dei requisiti di moralità (fatto puramente formale), ma solamente nel caso in cui i requisiti risultino effettivamente mancanti – principio informato a criteri di giustizia sostanziale e già formulato per una fattispecie concernente le dichiarazioni dei soggetti cedenti rami d’azienda (C.S., Ad.Pl., 16.10.2013 n.23) – ben può essere predicato come principio di portata generale.

Non appare, infatti, giusto né equo al Collegio, che un soggetto che possa dimostrare – eventualmente anche facendo ricorso agli strumenti procedimentali di c.d. “soccorso istruttorio” previsti dall’Ordinamento - di avere tutti i prescritti requisiti morali (oltre agli altri richiesti dal bando), e che abbia inteso dichiarare in buona fede di esserne in possesso, sia escluso da una procedura concorsuale per il solo e semplice fatto (formale) di aver errato(rectius: di aver commesso un errore materiale, per omissione) nella esposizione delle sue affermazioni al riguardo (o per il semplice fatto di essersi discostato dalla pedissequa riproduzione del modello di dichiarazione prescritto nel bando).
Ovvero – ciò che è peggio – che venga escluso dalla gara (lo si ribadisce: non ostante il possesso di tutti i requisiti e non ostante la possibilità di ricorrere al meccanismo procedimentale del c.d. ‘soccorso istruttorio’) per il solo e semplice fatto di aver reso una dichiarazione che, pur se sostanzialmente ‘omnicomprensiva’ delle informazioni richieste dalla PA, sia stata espressa in forma sintetica (ma non per questo linguisticamente e sintatticamente meno completa) anzicchè in forma analitica.
Essendo ben noto – come teorizzato ed affermato in ogni sistema speculativo che si basi su criteri logici – che le formule definitorie ‘sintetiche’ non sono – per il semplice fatto di essere tali – fisiologicamente (e strutturalmente) meno efficaci e meno complete di quelle ‘analitiche’.

Il Collegio nella sentenza ha inoltre ribadito ( Leggi l’articolo sulla precedente sentenza) che allorquando un’impresa intenda avvalersi (mediante stipula di ‘contratto di avvalimento’) dei requisiti finanziari di un’altra (c.d. “avvalimento di garanzia”), la ‘prestazione’ (oggetto specifico dell’obbligazione) è costituita non già dalla messa a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi ‘materiali’, ma dal suo impegno a “garantire” con le proprie complessive risorse economiche – il cui indice è costituito dal fatturato – l’impresa ‘ausiliata’ (munendola, così, di un requisito che altrimenti non avrebbe e consentendole di accedere alla gara nel rispetto delle condizioni poste dal Bando) (C.S., III^, 2.3.2015 n.1020; Id., 6.2.2014 n.584 e 4.12.2014 n.5978). In altri termini, ciò che la impresa ausiliaria ‘presta’ alla (rectius: mette a disposizione della) ‘impresa ausiliata’ è il suo valore aggiunto in termini di “solidità finanziaria” e di acclarata “esperienza di settore”, dei quali il fatturato costituisce indice significativo.

Ne consegue, specifica il Collegio, che non occorre che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali (o ad indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale) e dunque alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, essendo sufficiente che da essa (dichiarazione) emerga l’impegno (contrattuale) della società ausiliaria a ‘prestare’ (ed a mettere a disposizione della c.d. società ausiliata) la sua complessiva solidità finanziaria ed il suo patrimonio esperienziale, garantendo con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità (C.S., V^, 27.4.2015 n.2063; nonché già citate: C.S., III^, 2.3.2015 n.1020; Id., 6.2.2014 n.584 e 4.12.2014 n.5978).

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5041 del 4 novembre 2015 ha precisato che un concorrente non può essere escluso dalla gara per il solo e semplice fatto di aver reso una dichiarazione sintentica.

Ad avviso del Collegio  il principio secondo cui l’esclusione dalla gara va disposta non già per il semplice fatto della mera incompletezza della dichiarazione relativa alla sussistenza dei requisiti di moralità (fatto puramente formale), ma solamente nel caso in cui i requisiti risultino effettivamente mancanti – principio informato a criteri di giustizia sostanziale e già formulato per una fattispecie concernente le dichiarazioni dei soggetti cedenti rami d’azienda (C.S., Ad.Pl., 16.10.2013 n.23) – ben può essere predicato come principio di portata generale.

Non appare, infatti, giusto né equo al Collegio, che un soggetto che possa dimostrare – eventualmente anche facendo ricorso agli strumenti procedimentali di c.d. “soccorso istruttorio” previsti dall’Ordinamento - di avere tutti i prescritti requisiti morali (oltre agli altri richiesti dal bando), e che abbia inteso dichiarare in buona fede di esserne in possesso, sia escluso da una procedura concorsuale per il solo e semplice fatto (formale) di aver errato(rectius: di aver commesso un errore materiale, per omissione) nella esposizione delle sue affermazioni al riguardo (o per il semplice fatto di essersi discostato dalla pedissequa riproduzione del modello di dichiarazione prescritto nel bando).
Ovvero – ciò che è peggio – che venga escluso dalla gara (lo si ribadisce: non ostante il possesso di tutti i requisiti e non ostante la possibilità di ricorrere al meccanismo procedimentale del c.d. ‘soccorso istruttorio’) per il solo e semplice fatto di aver reso una dichiarazione che, pur se sostanzialmente ‘omnicomprensiva’ delle informazioni richieste dalla PA, sia stata espressa in forma sintetica (ma non per questo linguisticamente e sintatticamente meno completa) anzicchè in forma analitica.
Essendo ben noto – come teorizzato ed affermato in ogni sistema speculativo che si basi su criteri logici – che le formule definitorie ‘sintetiche’ non sono – per il semplice fatto di essere tali – fisiologicamente (e strutturalmente) meno efficaci e meno complete di quelle ‘analitiche’.

Il Collegio nella sentenza ha inoltre ribadito ( Leggi l’articolo sulla precedente sentenza) che allorquando un’impresa intenda avvalersi (mediante stipula di ‘contratto di avvalimento’) dei requisiti finanziari di un’altra (c.d. “avvalimento di garanzia”), la ‘prestazione’ (oggetto specifico dell’obbligazione) è costituita non già dalla messa a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi ‘materiali’, ma dal suo impegno a “garantire” con le proprie complessive risorse economiche – il cui indice è costituito dal fatturato – l’impresa ‘ausiliata’ (munendola, così, di un requisito che altrimenti non avrebbe e consentendole di accedere alla gara nel rispetto delle condizioni poste dal Bando) (C.S., III^, 2.3.2015 n.1020; Id., 6.2.2014 n.584 e 4.12.2014 n.5978). In altri termini, ciò che la impresa ausiliaria ‘presta’ alla (rectius: mette a disposizione della) ‘impresa ausiliata’ è il suo valore aggiunto in termini di “solidità finanziaria” e di acclarata “esperienza di settore”, dei quali il fatturato costituisce indice significativo.

Ne consegue, specifica il Collegio, che non occorre che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali (o ad indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale) e dunque alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, essendo sufficiente che da essa (dichiarazione) emerga l’impegno (contrattuale) della società ausiliaria a ‘prestare’ (ed a mettere a disposizione della c.d. società ausiliata) la sua complessiva solidità finanziaria ed il suo patrimonio esperienziale, garantendo con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità (C.S., V^, 27.4.2015 n.2063; nonché già citate: C.S., III^, 2.3.2015 n.1020; Id., 6.2.2014 n.584 e 4.12.2014 n.5978).